
Chirurgia Vertebrale a Torino
Il dott. Giosuè Gargiulo, Direttore della S.C Ortopedia e Traumatologia 3 ad indirizzo Vertebrale del Presidio CTO della Città della Salute e della Scienza, è specializzato in Chirurgia Vertebrale. La colonna vertebrale rappresenta la struttura del corpo umano e tutelarla nel modo corretto è di estrema importanza per assicurarci una buona qualità della vita.
Pensiamo infatti a patologie quali la scoliosi, la cifosi, l’ernia del disco, o anche a un forte mal di schiena… si tratta di malattie molto invalidanti che possono fortemente compromettere il nostro quotidiano, motivo per cui nel momento in cui ne siamo colpiti è fondamentale affidarsi alle mani esperte di un bravo professionista.
Il dottore riceve i suoi pazienti nel suo studio in Via Ormea 152 a Torino, fornendo un servizio di eccellenza a tutti i suoi pazienti. Intervenire prontamente, in diversi casi, può fare davvero la differenza, evitando così di raggiungere uno stadio di cronicità della patologia. Presso il suo studio, potrete eseguire una visita specialistica di chirurgia vertebrale avendo la certezza di essere in ottime mani.

Curriculum Vitae
Dott. Giosuè Gargiulo, nato a Bari il 16/04/1958 - Dirigente Medico 1 livello presso la S.C. Chirurgia Vertebrale del Presidio CTO, della Città della Salute e della Scienza di Torino.
Ha ottenuto la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1982 con la votazione di 110/110 e lode. Si è specializzato in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università di Bologna, presso gli Istituti Ortopedici Rizzoli con votazione 70/70 e lode e ha conseguito una seconda specializzazione in Fisioterapia, sempre presso la stessa Università, con votazione 70/70 e lode.
Ha frequentato il Centro Scoliosi e Patologia Vertebrale degli Istituti Ortopedici Rizzoli per 12 anni, diretto dal Prof. Romolo Savini dal Dott. Stefano Cervellati.
Successivamente ha lavorato presso l’Ospedale Molinette di Torino, dove é stato Responsabile della Struttura Semplice a Valenza dipartimentale di Chirurgia Vertebrale del reparto di Ortopedia diretto dal Prof. Antonio Solini.
Ha frequentato centri di Chirurgia Vertebrale in Europa e negli Stati Uniti. Ha partecipato a numerosi congressi sulla Chirurgia Vertebrale in Italia e all’estero come relatore ed ha al suo attivo più di 100 pubblicazioni sull’argomento e una solida esperienza in Chirurgia Vertebrale.
É membro della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale - Gruppo Italiano Scoliosi, dell’EuroSpine, the Spine Society of Europe e del Cervical Spine Research Society.
Dal 2013 lavora presso la S.C. di Chirurgia Vertebrale del CTO di Torino.
E' attualmente Direttore della S.C Ortopedia e Traumatologia 3 ad indirizzo Vertebrale del Presidio CTO della Città della Salute e della Scienza.
Patologie Trattate
Fratture vertebrali cervicali, toraciche e lombari
Le fratture vertebrali possono interessare il tratto cervicale , quello toracico e quello lombare della colonna vertebrale.
Le fratture sono conseguenza dell’applicazione di forze che agiscono direttamente o indirettamente sulla colonna vertebrale durante un trauma , superando le resistenze opposte dalle componenti ossee e discoligamentose della struttura e ne determinano la “rottura “ . Il trauma può portare a fratture “ stabili” o instabili , acutamente o cronicamente per la morfologia , comminuzione , e compromissione degli elementi ossei e disco capsulo legamentosi delle strutture vertebrali.
La frattura dà luogo a un dolore locale che si può associare eventualmente alla comparsa di un danno neurologico per compromissione degli elementi nervosi contenuti nel canale vertebrale , midollo o radici spinali . Il danno neurologico può avvenire acutamente al momento del trauma per dislocazione dei frammenti di frattura nel canale vertebrale o progressivamente per la comparsa di una deformità posttraumatica evolutiva conseguenza di una frattura che non è stata trattata adeguatamente al momento del trauma .

Le fratture possono interessare tutte le età , più spesso si osservano nei giovani adulti per traumi ad alta energia ( incidenti stradali , cadute dall’alto , traumi sportivi ) o in persone anziane ( cadute a terra o sollevamento di pesi minori ) . Nel primo caso le forze superano le resistenze offerte fisiologicamente dalle strutture stabilizzatrici vertebrali , nel secondo caso traumi minori possono avere ragione della fragilità ossea delle persona più anziana determinata dall’osteoporosi e dall’ artrosi degenerativa cui si va incontro negli anni .
La maggior parte delle fratture può essere trattata nservativamente con riposo a letto , immobilizzazione della colonna vertebrale in tutori esterni con cui è possibile la mobilizzazione del paziente e l’assunzione di analgesici e miorilassanti per un tempo adeguato secondo il tipo e morfologia della lesione . In una minor percentuale di casi in presenza di lesioni instabili, irriducibili, con compromissione delle strutture neurologiche o gravi deformità è indicato un intervento chirurgico. Più raramente l'indicazione chirurgica può essere posta per permettere una più precoce mobilizzazione e ripresa delle attività di relazione del paziente o per l’impossibilità di una di una tutorizzazione come ad esempio
nella gestione di pazienti con gravi politraumi nelle rianimazioni dei centri di terapia intensiva .
L’intervento ha il fine di riallineare e stabilizzare definitivamente la frattura secondo i canoni fisiologici della colonna vertebrale e decomprimere , quando necessario , direttamente o indirettamente , le strutture neurologiche se compromesse . Nella maggior parte dei casi si accede alla colonna vertebrale per via posteriore utilizzando mezzi di sintesi che prevedono l’uso di uncini , viti , fili e barre inserite sulle vertebre con cui è possibile compiere manovre di riduzione e riallineamento della frattura . Più raramente si accede per via anteriore per garantire una stabilità definitiva nelle lesioni più complesse o poter rimuovere frammenti dal canale vertebrale altrimenti non raggiungibili.
Questi interventi possono essere eseguiti mediante tecniche “ a cielo aperto “ con accessi chirurgici classici o ridotti o mediante tecniche mininvasive percutanee secondo la tipologia della lesione e del paziente . I mezzi di sintesi utilizzati possono essere lasciati in sede o eventualmente rimossi se creano problemi locali o per permettere la ripresa di una maggiore mobilità della colonna vertebrale , ma mai prima di un anno dal primo intervento.
Nell’anziano la maggior parte delle fratture vengono trattate conservativamente e solo una piccola percentuale può richiedere un intervento chirurgico come nel giovane adulto. Tra questi due gruppi trova spazio l’applicazione in fratture minori senza danno neurologico ma che tendono a guarire lentamente e tardivamente o causano una deformità locale dolorosa con grave limitazione delle funzioni quotidiane , l'applicazione di tecniche mininvasive come la vertebroplastica o la cifoplastica mediante l’iniezione di cemento nelle vertebre fratturate .
Con la prima tecnica l'intervento si limita a inserire in anestesia locale una modesta quantità di cemento nel sito di frattura per stabilizzare frammenti che non guariscono altrimenti spontaneamente , portando ad una consolidazione “ artificale” della frattura. Nella seconda tecnica, eseguita con la sedazione del paziente, l’iniezione di cemento è preceduta da un parziale ripristino in altezza della morfologia della vertebra schiacciata mediante il sollevamento , con vari presidi inseriti nel corpo vertebrale mediante un accesso percutaneo, dei piatti vertebrali . Il vuoto così creato nella sede di frattura viene successivamente riempito con una maggiore quantità di cemento per dare stabilità definitiva al costrutto. Questi due interventi , utili in questi pazienti , non sono comunque scevri da complicazioni anche se in piccola percentuale . Si può osservare infatti il passaggio del cemento nel canale vertebrale con compromissione delle strutture neurologiche , embolie polmonari da cemento e fratture, a distanza di tempo anche di pochi mesi , delle vertebre sane prossime alla vertebra indurita dal cemento per cui vanno indicati ed eseguiti in casi ben definiti da medici esperti .
Cifosi
Se vista di profilo la colonna vertebrale presenta una curva in lordosi del rachide cervicale , una cifosi del rachide dorsale e di nuovo una lordosi del rachide lombare costruendo cosi’ una struttura verticale elastica che assorbe e ammortizza i carichi sul tronco durante la stazione eretta e la deambulazione .
In età adolescenziale o più spesso in età avanzata si può osservare una accentuazione della curva dorsale che viene definita ipercifosi o dorso curvo .
In età adolescenziale la causa più frequente è una anomalia di crescita delle vertebre dorsali durante lo sviluppo puberale che rimangono più cuneizzate anteriormente creando una maggior rotondità del dorso nel contesto di una malattia che porta il nome di morbo di Sheuermann . Questo dorso curvo deve essere distinto dagli atteggiamenti astenici che si possono osservare nei ragazzi per ipotonia muscolare o per condizionamenti socio-culturali, meno frequentemente nelle ragazze dove invece l’atteggiamento di dorso curvo avviene alcune volte per “nascondere” il proprio sviluppo puberale .
Nelle persone adulte e negli anziani il dorso curvo è spesso conseguenza di una importante osteoporosi ( riduzione quantitativa del tessuto osseo ) o osteoporomalacia ( alterazione qualitativa del tessuto osseo ) associate a perdita del tono e della massa muscolare che riduce l’altezza del corpo vertebrale o provoca fratture che esitano nella cuneizzazione del corpo vertebrale ad uno o più livelli .
L’ipercifosi dorsale può essere causa di un disagio estetico o provocare dolore in corrispondenza dell’apice della cifosi o alle sue estremità per una contrattura muscolare di compenso dei muscoli paravertebrali del dorso nel tentativo istintivo di riportare indietro il tronco che altrimenti proietterebbe il capo e lo sguardo verso il basso
Il dolore può essere esacerbato da eccessivi carichi sulla colonna vertebrale , specie nei più giovani durante le attività lavorative o sportive . Negli anziani spesso il dolore è diffuso lungo tutta la colonna vertebrale e talvolta l’accorciamento del tronco per la riduzione di altezza delle vertebre toraciche o per l’ipercifosi può provocare disturbi respiratori per compressione della gabbia toracica che ha una minore escursione respiratoria per affastellamento delle coste e minor escursione diaframmatica con prominenza dell’addome .
Più raramente l’ ipercifosi può conseguire ad anomalie congenite dei corpi vertebrali presenti già alla nascita , agli esiti di infezioni vertebrali o di fratture mal trattate .
Nelle forme adolescenziali il trattamento può prevedere l’uso di busti talvolta preceduti da correzione in gesso nelle forme più gravi , integrati da ginnastica , FKT e sport fino alla fine dell’accrescimento . Nei casi più gravi si può ricorrere a un trattamento chirurgico per riallineare il rachide dorsale lungo curve più fisiologiche . Negli anziani il trattamento deve essere commisurato all’entità del dolore , alle cause della deformità e alla compliance del paziente prevedendo l’uso di tutori esterni che aiutino a sorreggere il rachide nelle deformità più rigide e in pazienti con gravi comorbidità , terapie mediche e fisiche rivolte all’osteoporosi e al ripristino del tono muscolare . Il trattamento chirurgico di correzione e stabilizzazione vertebrale si pone raramente solo nei casi in cui si riscontra un ritardo di consolidazione di una o più fratture o di deformità gravi che non rispondono al trattamento conservativo . Il trattamento chirurgico è spesso impegnativo per il paziente , sia per le sue condizioni generali che per l’osteoporosi del tessuto osseo su cui il chirurgo deve lavorare . L’intervento può prevedere una vertebroplastica o cifoplastica mirata o la correzione globale della deformità .
La scoliosi è una deviazione laterale della colonna vertebrale sul piano frontale , talvolta associata ad una deviazione anteriore sul piano sagittale , che si accompagna ad una rotazione del tronco di cui la colonna vertebrale rappresenta “l’impalcatura” con conseguenti asimmetrie delle spalle , dei fianchi e la comparsa di rigonfiamenti asimmetrici del torace e della regione lombare .
La scoliosi può interessare varie età .
Le più comuni sono quelle che si osservano in età adolescenziale più frequentemente nel sesso femminile durante lo sviluppo puberale , spesso a carattere evolutivo , di cui non si conosce ancora oggi la reale causa per cui vengono definite “idiopatiche” . Meno frequentemente le scoliosi idiopatiche possono esordire in età infantile entro i 3 anni o in età giovanile entro i 10 anni . In casi meno frequenti la scoliosi può evidenziarsi in patologie neuromuscolari o in sindromi rare in cui la sua evoluzione rappresenta un criterio prognostico sfavorevole per la vita del paziente per le ripercussioni sulla mantenimento della posizione eretta o sull’attività respiratoria o riconoscere una causa congenita per alterazioni di sviluppo di alcuni segmenti vertebrali .
In età adulta dopo i 60 anni possono venire alla nostra osservazione pazienti con forme adolescenziali idiopatiche che peggiorano per il sopraggiungere di processi degenerativo-artrosici della colonna vertebrale o pazienti in cui in colonne vertebrali “sane” i processi degenerativi portano alla perdita dei normali rapporti tra le vertebra con comparsa di scoliosi minori ma sintomatiche , le scoliosi “ de novo” .
Questi pazienti vanno valutati attentamente clinicamente e studiati con appositi esami specialistici ( RX , TC , RNM , EMG ) che vengono scelti di volta in volta dall’ Ortopedico specialista .
Nell’adolescente la scoliosi idiopatica non provoca quasi mai dolore tranne se associata ad alterazioni congenite come la spondilolistesi , a rare patologie discali o a neoplasie . Il principale scopo della terapia è l’arresto dell’evolutività della deformità e il miglioramento dell’aspetto estetico . Nella maggior parte dei casi il trattamento con busti , sport , ginnastica e FKT può essere sufficiente ad arrestare l’evolutività della deformità mentre nelle forme maggiori o francamente evolutive solo il trattamento chirurgico può ripristinare un assetto “ normale “ della colonna vertebrale .
Nelle forme dell’adulto la comparsa di un dolore locale da degenerazione artrosica e da disassamento del tronco , la comparsa di sindromi sciatalgiche per lo sviluppo di gravi instabilità segmentarie che determinano la compressione delle radici nervose con conseguente difficoltà a mantenere la posizione eretta o limitazione della deambulazione , può creare importanti limitazioni nelle attività quotidiane del paziente .
Il trattamento deve essere sempre inizialmente basato su terapia medica e fisica , cambiando alcune abitudini di vita quotidiana . Solo dopo un eventuale fallimento di queste o in evidente aggravamento radiografico e clinico delle scoliosi si ricorre ad un trattamento chirurgico .
Considerando i diversi quadri clinici e radiografici che si possono osservare e le possibili patologie concomitanti nei pazienti adulti che questi il trattamento chirurgico può essere limitato alla semplice decompressione delle strutture neurologiche costrette nel canale vertebrale eventualmente associato ad una sintesi di minima o deve comportare la correzione della deformità .
In tutti i casi , sia nella patologia dell'adolescente che dell’adulto , trattandosi di
“ chirurgia maggiore “ , gli interventi devono essere eseguiti da persone esperte nel campo e in strutture ospedaliere adeguate che consentano , per l'acquisizione di materiali e disponibilità dei presidi sanitari , di eseguire gli interventi per ottenere il miglior risultato clinico con il minor rischio possibile per il paziente .
Scoliosi

Per spondilolistesi si intende lo scivolamento di una vertebrale rispetto alla sottostante ( dal greco spondylos e olistesis) . Questa patologia interessa più spesso le ultime vertebre lombari . La spondilolistesi può riconoscere una causa o una predisposizione congenita per una alterazione della morfologia di una porzione dell’arco posteriore della vertebra detta istmo che si presenta più sottile e debole del normale . Durante l’età giovanile o adolescenziale le forze di carico cui è sottoposto il passaggio lombosacrale nel quotidiano o durante particolari attività sportive quali la ginnastica ritmica o la danza in cui le ultime vertebre lombari sono particolarmente sollecitate , possono causare l’allungamento o la frattura dell’istmo con instabilità e eventuale scivolamento anteriore della vertebra . Nell’età adolescenziale la spondilolistesi può decorrere silente , anche in presenza di un progressivo scivolamento , o può causare una lombalgia che può aggravarsi con la comparsa di una sciatalgica per irritazione delle radici nervose che originano in quella sede nel canale vertebrale . I casi asintomatici possono slatentizzarsi in età adulta per un trauma in regione lombare o più spesso per il sopraggiungere dei fenomeni degerativo-artrosici a cui tutti andiamo incontro nel corso della vita dando luogo a sintomatologie di entità diverse . Allo stesso modo gli stessi processi degenerativo-artrosici possono essere causa di alterazioni della stabilità di vertebre lombari inizialmente “ sane“ , cioè senza interruzione dell’istmo , causando lo scivolamento anteriore o più raramente laterale , delle vertebra tra loro , provocando la stessa sintomatologia . Nel primo caso si parla di spondilolistesi “ istmica”, nel secondo caso di spondilolistesi esclusivamente degenerativa . Queste patologie possono essere trattate conservativamente mediante terapia medica e fisica e talvolta l’uso di busti per un breve periodo di tempo .I casi che non rispondono alla terapia conservativa o con una documentata progressione dello scivolamento in età adolescenziale o per la comparsa di disturbi neurologici maggiori agli arti inferiori sia in età adolescenziale che in età adulta , necessitano un trattamento chirurgico mediante tecniche classiche o mininvasive secondo il tipo di lesione e il quadro clinico del paziente .
Spondilolistesi
Ernia del disco
L’ernia del disco è una manifestazione iniziale del processo degenerativo del disco intervertebrale a cui si va incontro nel corso degli anni . Quando la porzione esterna del disco , più fibrosa e resistente detta anulus , va incontro a fissurazioni da usura per sollecitazioni meccaniche ripetute o di grande intensità , spesso causate da movimenti di flessione anteriore , inclinazione , torsione del tronco , talvolta favorite da una predisposizione genetica familiare , la porzione più interna del disco , gelatinosa e molle , detta nucleo polposo che normalmente funge da dissipatore e ammortizzatore delle forze di carico espandendosi radialmente verso la periferia robusta del disco , si insinua tra le fissurazioni dell’anulus e sporge posteriormente verso il canale vertebrale . Qui può rimanere ancora contenuta dalle ultime fibre dell’anulus o può superarle e proiettarsi ed espellersi all’interno del canale vertebrale ed eventualmente migrare lontano dalla sede di lesione , dove può incontrare le radici spinali che costituiscono i nervi periferici degli arti , superiori a livello cervicale o inferiori a livello lombare . Prendendo contatto con questi può irritarli o comprimerli , dando luogo ad una sintomatologia periferica , brachialgica in sede cervicale , sciatalgica in sede lombare . A livello cervicale se l’ernia protrude centralmente questa può comprimere il midollo spinale cervicale dando luogo a quadri clinici neurologici più gravi interessanti i quattro arti . Nella maggior parte dei casi l’ernia sintomatica è una sola , molto raramente le ernie sintomatiche sono due . Spesso nei referti TC o RNM si può confondere l’ernia discale con la semplice protrusione discale determinata da una discopatia degenerativa dove più fissurazioni radiali dell’anulus compromettono l’integrità e la stabilità del disco che si “ sgonfia” e protrude uniformemente circonferenzialmente in periferia anche nel canale vertebrale e nella maggior parte dei casi è causa di un dolore locale meccanico da instabilità . L’ ernia del disco invece è la protrusione di una porzione limitata del nucleo polposo attraverso una unica breccia dell’anulus fibroso in una sede ben definita e limitata del profilo posteriore del disco e causa spesso una sintomatologia neurologica periferica ben precisa per i rapporti che contrae con il nervo con cui entra in contatto .Il trattamento dell’ernia del disco , cervicale o lombare , dipende dalla sede , dalla dimensione dell’ernia , dalla sintomatologia e dalla ripercussione clinica che questa ha nella vita del paziente , sia come vita di relazione che come attività . Nella maggior parte dei casi l’ernia discale può essere trattata conservativamente , con cure mediche e fisiche o infiltrazioni locali ( iniezioni peridurali o ozono terapia) . In casi ribelli a terapia medica o con importanti compromissioni neurologiche periferiche , specie se interessano il midollo spinale a livello cervicale , può essere necessaria una soluzione chirurgica . A livello lombare l’intervento consiste nella semplice asportazione dell’ernia per via posteriore mediante tecniche microchirurgiche . In rari casi se l’ernia è associata ad una discopatia può essere necessario associare una stabilizzazione del disco ma questa non è la regola anzi è l’eccezione in quanto sia la letteratura che l’esperienza personale indicano che non necessariamente il disco che ha prodotto l’ernia andrà in breve tempo incontro ad una discopatia sintomatica che ne richieda un reintervento . A livello cervicale l’asportazione dell’ernia è preferibilmente eseguita per via anteriore attraverso la regione anteriore del collo , utilizzando tecniche microchirurgiche . In questa sede invece il disco rimosso viene sostituito con una “gabbietta” poiché , diversamente dalla colonna lombare , è molto più frequente la comparsa di una instabilità postdiscectomia che porti in tempi più o meno brevi alla recidiva della sintomatologia cervicale e brachialgica per l’anatomia della colonna cervicale , per la conformazione e le dimensioni del disco a questo livello .

Discopatia degenerativa

La patologia degenerativa del rachide rappresenta la naturale evoluzione di invecchiamento spontaneo delle strutture capsulo-discoligamentose e ossee che garantiscono la stabilità delle vertebre tra di loro e ne permettono il movimento reciproco nei vari piani dello spazio sia in stazione eretta che durante i movimenti del tronco . Talvolta favorite da sollecitazioni meccaniche sul rachide cervicale e lombare avvenute durante la vita per carichi eccessivi o ripetuti nel tempo per attività lavorative , traumi e sport , sia , le alterazioni degenerative possono portare a perdita dei rapporti tra le vertebre e instabilità causa di dolore locale da sovraccarico delle strutture . Allo stesso tempo l’instabilità produce formazioni osteo-discali chiamate osteofiti che possono aggettare nel canale vertebrale riducendone le dimensioni .
Nella colonna cervicale la discopatie causa cervicalgia o dolore nucale con limitazione dei movimenti del collo nei vari piani dello spazio . Il dolore può irradiarsi diffusamente agli arti superiori o secondo una distribuzione più precisa quando vengono irritate uno o più radici nervose cervicali da parte degli osteofiti . Lo stesso midollo spinale che decorre nel canale vertebrale può essere compresso dai processi degenerativi che aggettano nel canale vertebrale causando la comparsa di un disturbo neurologico più grave , la mielopatia cervicale , che rappresenta una delle cause principali di difficoltà della marcia dopo i 60 anni . In questi pazienti l’integrazione tra semplici radiografie , RNM , eventualmente TC e studio elettrofisiologico è importante nel definire la patologia .
Molti pazienti possono essere trattati conservativamente ma in presenza di una sintomatologia neurologica più importante o progressiva è indicato un trattamento chirurgico che , secondo il tipo ed estensione della patologia , può essere eseguito accedendo al rachide cervicale attraverso la regione anteriore del collo o quella posteriore , talvolta , raramente, con entrambi .
Questi interventi “ delicati” vanno eseguiti in centri specialistici .A livello lombare la patologia degenerativa può causare perdita di stabilità con dolore locale o irradiato perifericamente con per compressione delle radici nervose sia da fermi che durante la deambulazione . Le formazioni osteofitiche spesso riducono le dimensioni del canale vertebrale ove decorrono i nervi per cui si viene a creare un “ stenosi” del canale vertebrale che comprime cronicamente i nervi e ne determina un “mal funzionamento “ periferico con limitazione progressiva dell’autonomia di marcia per comparse di sciatalgia e debolezza muscolare .
Nella fasi iniziali la patologia può essere trattata conservativamente ma nei casi in cui i sintomi bloccano le attività semplici di relazione delle persone o di fronte ad un documentato aggravamento dei sintomi può essere necessario ricorrere ad un trattamento chirurgico il cui fine è la decompressione delle strutture neurologiche nel rispetto della stabilità del segmento trattato . Questo può essere ottenuto sia limitando l’estensione della stessa decompressione sia associando quando indicata una stabilizzazione in casi in cui la patologia degenerativa o lo stesso atto di asportazione delle strutture osteoligamentose comporti una instabilità dei segmenti vertebrali coinvolti .

Durante la fase acuta di dolore,
è consigliato seguire questi semplici rimedi:
Riposo
Evitare di restare troppo a lungo in piedi
Evitare di sollevare carichi pesanti
Fare eventualmente ricorso ad anti-infiammatori, corticosteroidi e anti-dolorifici in compresse, cerotti medicati, infiltrazioni, ma senza esagerare
Contatti
Indirizzo: Via Tiziano, 36 - 10126 Torino | Telefono: 011 6597053